lunedì 2 aprile 2007

La Famiglia

Avamposto delle istituzioni sistemiche.

Non inizierò parlandovi di una mia lettura come avevo deciso. Ho deciso, invece, di iniziare con un argomento che sento molto e che è spesso oggetto dei miei pensieri: la famiglia.

La famiglia è da tempo al centro dei discorsi di politici e clero, ma anche delle conversazioni da bar e tra sconosciuti sul treno. E’ così che ieri ho ascoltato per quasi un intero viaggio una signora parlare ad una ragazza della sua famiglia, del fratello che conviveva con una donna che non sta bene alla famiglia, della famiglia che sopporta questa donna per il bene della figlia, ecc. ecc.

La famiglia è l’avamposto delle istituzioni sistemiche. L’istituzione repressiva per eccellenza. Ripropone nel privato e riassume in sé tutti i metodi e le caratteristiche delle istituzioni di controllo e repressione che il sistema ha adottato per la vita pubblica. E proprio di questa scissione tra pubblico e privato che si nutre il sistema, ma può farlo a patto che anche nel privato, dove non può entrare senza perdere la propria facciata di libertà democratica, riproduca il suo dominio. La famiglia assolve a questa funzione. E’ per questo che viene difesa strenuamente da ogni Chiesa o partito politico.

La famiglia espleta le sue funzioni di controllo e di dominio nel modo più subdolo e totalizzante possibile. Da una parte, con il suo essere “naturale”, nasconde l’alienazione che la istituisce molto più facilmente delle istituzioni pubbliche, dall’altra permea e pervade ogni aspetto della vita di un singolo, giustificando questa sua invasività con un ricatto degli affetti che nessuno Stato riuscirà mai a replicare.

Una visione alterata degli affetti è la base del potere della famiglia. In questo senso hanno un ruolo di primo piano le donne. Vittime prime della famiglia in ogni tempo e luogo, che si trasformano in carnefici. In una gerarchia ferma ed irremovibile anche se spesso non del tutto manifesta, la donna accetta il proprio ruolo di vittima (moglie) solo nella misura in cui può far leva su questo per ottenere il suo potere, arroccandosi nel suo ruolo di carnefice (madre).

Più la vita pubblica appare caotica e sbandata, più il potere repressivo della famiglia si rafforza, ritirandosi in misura sempre maggiore dal pubblico, ma rinsaldando le proprie posizioni nel privato. E’ questa la fase che stiamo vivendo. La famiglia sembra non avere più nessun ruolo nelle scelte pubbliche di un individuo, ma allo stesso modo detta e guida le scelte individuali in modo silenzioso e totalitario. Investe violentemente le scelte che riguardano la vita sentimentale ed affettiva di una persona, ma lo fa sempre mascherando la violenza con un malinteso affetto.

E’ un fatto che nelle esperienze di ribellioni generazionali la famiglia sia stata sempre una delle prime istituzioni ad essere messa in discussione, ma mai in modo definitivo. Non ho le competenze né le conoscenze necessarie per approfondire questo spetto, che però mi sembra di fondamentale importanza.
In una prospettiva rivoluzionaria di liberazione la famiglia va ripensata. Va sciolta in una comunanza più ampia e fondata su sentimenti veri e riconosciuti. Proprio perché baluardo delle istituzioni sistemiche, proprio perché è l’avamposto che ogni persona si trova ad affrontare per primo sulla via della propria liberazione, va analizzata e criticata, affinché ognuno possa riconoscere il suo ruolo.

Le donne, credo, avranno un ruolo fondamentale in questo, attingendo non alla dicotomia imposta vittima/carnefice, ma ai sentimenti più profondi della loro femminilità.

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