mercoledì 18 aprile 2007

Una nuova alleanza

Un mio articolo apparso su La Comune con una presentazione di Lalunacade:

L’idea che l’evoluzione della scienza sia oggettivamente determinata mediante criteri esclusivamente interni e che il sapere scientifico progredisca attraverso un’accumulazione lineare di conoscenze sempre più perfezionate è stata abbandonata da tempo, almeno dagli scienziati più attenti (non da Odifreddi, per intenderci).
In quanto declinazione del pensiero umano, il pensiero scientifico è complesso e non può essere appiattito sul concetto di nozione scientifica o su quello di metodo, di cui ancora non si riesce a dare una definizione soddisfacente. La storia insegna che l’aspetto empirico-induttivo è appunto solo un aspetto, spesso neppure determinante: la scienza non è mai stata mera razionalità applicata all’esperienza, ovvero combinazione due elementi statici che non ne spiegherebbero il progresso. Hanno invece un peso enorme l’intuito e la sensibilità dei singoli scienziati, i rapporti umani all’interno della "comunità scientifica" (*), l’influenza della cultura dominante.
Il 14 marzo scorso alla libreria Prospettiva di San Lorenzo, in occasione della presentazione di un libro, è stata sollevata la questione in un contesto diverso da quello solito degli addetti ai lavori. La corrente di pensiero "Utopia socialista", alla quale la libreria fa riferimento, ha mostrato interesse ad ospitare sulla sua rivista teorica trimestrale "Utopia" un lavoro di approfondimento che con tutta probabilità prenderà in esame un caso significativo nella storia della fisica per mettere in evidenza la complessità di quella stramberia umana chiamata "scoperta scientifica", ovvero la nascita, lo sviluppo e l’affermazione di una teoria. Protagonisti di questa avventura dovrebbero essere i fotoni, sperando di riuscire a raggiungere un livello di comprensibilità accettabile.
Intanto sulle pagine del quindicinale "La Comune" in uscita oggi, il tema è stato riproposto in una lettera del compagno intervenuto alla presentazione in libreria.

(*) questo almeno fino a qualche decennio fa, oggi anche lo stesso concetto di "comunità scientifica" ha perso il suo senso originario.
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In occasione della presentazione a Roma della seconda edizione del libro di Dario Renzi e Anna Bisceglie "Rosa Luxemburg" ho voluto, forte della mia precaria identità di studente di fisica, infliggere ai malcapitati presenti una riflessione personale sulla possibilità di una "nuova alleanza" tra scienza e socialismo. L’interessamento dei compagni al termine dell’incontro mi ha spinto ad approfondire il mio pensiero e rilanciare, sperando di offrire lo spunto per una ricerca collettiva.
Rintracciare i legami tra gli irrisolvibili del socialismo scientifico e gli irrisolti della scienza è un proposito non semplice e reclama subito qualche chiarimento seppure parziale.
All’interno di una ripensamento critico del pensiero di Marx va riconosciuto che l’impianto stesso del materialismo storico risulta pesantemente influenzato dal paradigma scientifico allora dominante. E’ dalla scienza dei secoli XVIII e XIX che viene mutuata la concezione secondo cui ogni evoluzione sarebbe oggettivamente determinata. Tutto avviene perché deve avvenire, necessariamente: questo insegnano i successi di Newton, Laplace, Maxwell.
I primi anni del secolo scorso però hanno visto il crollo di queste certezze ed è subentrata una fase di "confusione epistemologica": la scienza ha i suoi irrisolti!
Ciò che da sempre si trascura è che l’impresa scientifica, in quanto impresa umana, è inscindibilmente legata al complesso delle facoltà della specie. Da circa una trentina di anni si è diffusa nell’ambiente scientifico la giusta convinzione che per la "comprensione del perché e del come mutano le idee nella scienza" si debba guardare fuori dalla comunità scientifica: negli anni ‘70 alcuni scienziati di formazione marxista evidenziarono come, quando più teorie equivalenti dal punto di vista della spiegazione del fatto empirico sono in competizione tra loro, sia la società a condizionare fortemente la scelta. Ovviamente la gabbia del materialismo storico li conduceva ad attribuire un ruolo di primo piano ai soli "fattori strutturali", portandoli a ricadere nel determinismo ed impedendogli di sciogliere molte contraddizioni.
E’ forse il momento di iniziare a ripensare la scienza e il suo processo evolutivo, di restituirla alla società e di interrogarsi sulla sua funzione sociale: cosa rappresenta la ricerca scientifica per l’individuo e per la collettività? E’ possibile renderla funzionale al processo di trasformazione della società, in una prospettiva umanista e socialista rivoluzionaria?

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