lunedì 15 ottobre 2007

Incomunicabilità

Ero in macchina con amici in un’Isernia che mostrava senza pudore il suo squallore. Rimbalzavamo da un luogo all’altro, da un locale all’altro, tutti desolatamente deserti o selvaggiamente affollati: sintomo di un conformismo dilagante e ributtante. Solo l’aria fresca, secca e pungente mi ricordava il motivo per cui ero tornato. Il resto era straordinariamente deprimente: fighettaggine volgare e truccata ovunque e per ogni età. Gli amici erano quelli di un passato lontano, riscoperti quest’estate in giro a ballare pizziche e tarante in piazze inconsapevoli anche se molto più somiglianti all’apatia senza creatività che quì dilaga che a me, almeno in apparenza. Credevo di aver ritrovato qualcosa, di aver rimesso in piedi uno straccio di rapporto che, seppur nella distanza, poteva costituire qualcosa di piacevole. Un rapporto con un mondo lontano, senza pretese di comprensione intima, ma dignitoso. E invece no!

Eravamo su un cavalcavia dritto e deserto andando verso un paesino vicino. Non ricordo perché, si parlava di manifestazioni, ma ho nominato Genova. La frattura invisibile e insanabile che in quei giorni di Genova si è aperta è venuta alla luce. Ho provato a replicare alla sua fredda giustificazione dei comportamenti della polizia. Ho provato ad opporre i fatti e la ragione, poi ho taciuto e ho poggiato la fronte al finestrino freddo della macchina. Non si trattava della cecità ideologica di certi fascisti meno “sociali” di altri, né della scotomizzazione volontaria di chi ha un tornaconto. Io a Genova non c’ero e non solo fisicamente, ma la realtà umana può trasformarsi, si possono intuire cose che si erano lucidamente trascurate. C’è una frattura viva e sanguinante tra chi ha risposto a Genova con fredda indifferenza e chi, in un modo o nell’altro, prima o dopo, no. Una divergenza assoluta sull’immagine che si ha del mondo e delle persone. Un conflitto irriducibile che oppone idee diverse, e spesso inconsapevoli, di umanità. Poi, puoi pure non votare Berlusconi.

Stasera avrei dovuto parlare del PD e di Veltroni, della Cgil e della Cosa Rossa, ma non l’ho fatto? Prima di domenica prossima cercherò di farlo in maniera più esplicita.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi permetto di scrivere qui come solo un'intrusa può fare.

Ho spulciato il tuo blog, cogliendo qui e là frammenti di una realtà che è mia, che è stata mia e che non è mia, che non conosco completamente.

Ma mi affascina, quindi continuo.


Quello che vedo a primo impatto è questo tuo ultimo intervento, micheal (spero non me ne vorrai se ti chiamo solo micheal), pubblicato un mesetto fa.

Quello che vedo accanto a questo tuo ultimo post è il perchè del tuo blog.
Mi incuriosisce sapere perchè qualcuno decida di scrivere un blog, dato che personalmente ho tentato 1000 volte, e 1001 volta ho rinunciato.

Leggo qualcosa di strano, di familiare; e mi prendo la licenza di ricopiartelo qui:


"La vicinanza fisica, il potersi parlare e guardare in faccia sono fattori importanti. Ma esiste, c'è e permette di raggiungere molte persone. Perchè non usarlo? "


Mi fa sorridere piacevolmente quello che hai scritto qui,è una gran verità. I rapporti umani, il toccarsi, il guardare dal "vivo" l'espressione di qualcuno che sta scrivendo o leggendo, l'odore di quella persona o di quei luoghi sono fondamentali. Eppure capita che a volte, attraverso uno schermo, si colmino degli abissi. Certo, lo so che quello che scrivo è molto, molto contestabile. Ma io la butto lì, da persona che ha vissuto, vive quest'esperienza. Si possono toccare picchi di comunicabilità enormi,come tu fai col tuo blog..


Ma passiamo davvero a questo tuo post. Mi rivedo leggendolo. Mi rivedo nel michael taciturno che appoggia la fronte sul finestrino, interdetto, deluso forse, lontano di sicuro dalla realtà che, almeno in parte credeva di consocere e che invece è diventata -come quasi tutto- globalizzata dalla volgarità e dalla finta comunicazione, dalla legge del bell'apparire, e dei benpensanti. Odiosa legge.
Più ho letto su questo blog, più ti ammiro sinceramente, sei riuscito a liberarti di concetti,strutture, pensieri, che ci hanno inculcato sin dall'ultero; ed io che cerco di liberarmene, spesso ci sbatto la testa contro e me la spacco.

E poi c'è Genova.
Su Genova, preferisco restare in silenzio nel rispetto di tutti quelli che c'erano e che non c'erano, di chi ci ha lasciato la pelle per un ideale.
Sono un'intrusa che ricorda e che sente qualcosa, ma sono un'intrusa felina ed educata, e come sono venuta ad annusare qui, vado via, lasciandoti solo il mio riflesso accanto al tuo sul finestrino.
Come diceva qualcuno, due fronti schiacciate forse, sono meglio di una sola.